Ma il porpoising dov’è finito?

Qualcuno ricorderà sicuramente un famoso carosello della metà degli anni sessanta (gli altri vadano su Internet, può valere la pena) dove un bravo attore, Mimmo Craig, aveva un incubo nella notte di essere grassissimo per poi risvegliarsi e cominciare a saltare sul letto come un forsennato gridando “… la pancia non c’è più, la pancia non c’è più …”. Questa frase diventò un tormentone come del resto la maggior parte di quelle lanciate dai caroselli.
Perchè mi è venuto in mente tutto questo? Perchè la storia delle Formula 1 che saltellavano come focene (“porpoise” in inglese vuol dire “focena”, non “delfino”) mi sembra proprio analoga alla pubblicità: ci siamo risvegliati anche noi negli ultimi Gran Premi gridando “… il “focenamento” non c’è più, il “focenamento” non c’è più …”. Anche la terribile W13 della Mercedes sembra non “focenare” più, figuriamoci le altre che già “focenavano” meno sin dall’inizio.
A parte gli scherzi, sembra che effettivamente il fenomeno sia in netta diminuizione, forse non scomparso del tutto, ma poco ci manca: come è possibile mi sono chiesto? Lasciando perdere i circuiti degli ultimi Gran Premi che, si dice, erano a basso rischio “focenamento”, penso che la stessa domanda sia venuta spontanea a molti vedendo solo qualche aletta miracolosa qua e là e qualche fessura magica praticata sul fondo.
Può essere (che abbiano risolto il problema)? Difficile, ma non impossibile.
Anche senza andare al caso arcinoto della pallina da golf, nella quale la sola bugnatura della superficie la fa andare più lontano, ci sono esempi (anche in campo aeronautico considerato sempre un riferimento) dove piccoli dettagli (alette, soffiature, minuscoli generatori di vortici …), aggiunti a posteriori, hanno effettivamente consentito di recuperare progetti nati con qualche magagna iniziale.
Molti di coloro che frequentano gli aeroporti avranno notato alcune piccole alette montate in schiera, una vicina all’altra, spesso sulla deriva dei grossi jet commerciali o si saranno chiesti a cosa serve una superficie di forma triangolare, questa di dimensioni un po’ maggiori, fissata lateralmente sulla carenatura del motore sotto l’ala.
Roba di pochi centimetri quadrati, un niente in confronto alle dimensioni dell’aeroplano, eppure significative per migliorarne il comportamento. Io stesso mi chiedo a volte come sia possibile, ma spesso basta poco per convincere l’aria a comportarsi bene.
Soprattutto i vortici in aerodinamica sono elementi molto stabili, robusti che possono avere numerosi quanto positivi effetti: costituire delle barriere pneumatiche, guidare i filetti fluidi in una direzione piuttosto che in un’altra, “miscelare” flussi di aria a bassa energia con quelli a energia maggiore per evitare le separazioni.
E anche una fessura, opportunamente piazzata, crea un getto di aria ad alta velocità che può essere sfruttato convenientemente per soffiare via piccole sacche di aria stagnante (qualcuno dice aria “morta” per usare un linguaggio ancora più immediato).
E poi ci sono le sospensioni, un universo immenso su cui intervenire.
Tutti i fenomeni aerodinamici diventano “catastrofici” quando si “accoppiano” con la rigidezza del sistema: è il fenomeno della cosiddetta “risonanza”, che richiama in un certo senso le congiunzioni astrali quando i pianeti si allineano e si pensa che questo fenomeno generi effetti nefasti per tutta l’umanità.
In una Formula 1 gli elementi che devono allinearsi, per produrre effetti spiacevoli, sono essenzialmente quattro: la massa del veicolo, la rigidezza delle molle, lo smorzamento degli ammortizzatori e, ovviamente, le forze aerodinamiche.
Posso dire, per esperienza diretta vissuta in prima persona, che nella maggior parte dei casi basta agire su uno solo di questi elementi per rompere la catena e ridurre gli effetti se non eliminarli del tutto.
Non è escluso che anche la curvatura del fondo sia stata rivista da qualcuno, in particolare riducendo il picco di elevata velocità dell’aria nel punto in cui la superficie comincia a risalire verso l’alto per dare origine al diffusore posteriore che è una delle aree più critiche, forse la più critica in assoluto. L’istinto vorrebbe un raccordo dolce e graduale in quella zona, il problema è che un raccordo “gentile” dà meno problemi ma anche meno carico e quindi tutti stanno sulla “border line”, come dire sull’orlo del burrone con il raggio di raccordo.
Ci può stare che i cervelli della Formula 1, spremuti a dovere, qualche soluzione comincino a trovarla ma, se fosse vero, vorrebbe dire che la FIA è in drammatico ritardo con i suoi provvedimenti.
E’ ovvio che molti problemi sono dovuti alla mancanza di prove invernali che ha pesato non poco in tutto questo e le squadre hanno dovuto usare le prime gare per mettere a posto le loro vetture.
E’ anche ovvio che la mia è una interpretazione “ferragostana” di quello che si è visto negli ultimi Gran Premi, vedremo nei prossimi cosa ci … “porterà il vento”, un modo di dire particolarmente azzeccato parlando di fenomeni legati all’aerodinamica.

Un vortice come questo, generato da quella minuscola aletta sulla “nacelle” del motore, produce una striatura di bassa pressione sull’ala, grazie alla quale l’aeroplano può caricare qualche valigia in più o atterrare con una velocità leggermente inferiore. Può sembrare incredibile, ma il fenomeno è così stabile e robusto da farci affidamento per far volare l’aeroplano figuriamoci far girare in pista una Formula 1 [fonte: https://frank.itlab.us/photo_essays/wrapper.php?apr_01_2010_sq22.html].

I vortici che si staccano dalle bandelle laterali sono fondamentali per “spingere” l’aria all’interno del diffusore evitando il distacco del flusso dalla superficie del diffusore

Se la vettura è troppo vicina al suolo è come se non ci fosse spazio a sufficienza per due vortici, uno prende il sopravvento e l’altro soccombe. Il diffusore in queste condizioni funziona la metà. Il fenomeno è forte e violento ma non si può escludere che studi molto accurati riescano a far convivere i due vortici, sennò non resta che tornare al vecchio “rake” alzando il posteriore

Io ci ho provato, ma non ci sono riuscito. Ad esempio, un setto centrale riduce l’interazione fra i due vortici e ripristina un certo grado di simmetria nel diffusore, ma il guadagno in termini di “downforce” è minimo

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *